Non è ancora calato il sipario su Expo 2015 e sulle sue infinite code che in molti iniziano già a domandarsi quali saranno i lasciti ereditari di un’esposizione universale condotta con successo attraverso mille peripezie, una volta dismesso l’Albero della Vita e relegata l’alimentazione ai suoi consueti ranghi che oscillano tra la disinformazione e lo scarso interesse dei media.
Proprio con l’intento di stabilire modalità d’acceso e garanzie legate al diritto al cibo è sorta la Carta di Milano, documento firmato dal ministro Lorenzin che sancisce l’impegno ufficiale delle nazioni “occidentali” alla lotta contro carenze ed eccessi alimentari e a garantire un futuro al pianeta terra in cui nessuno debba più morire a causa di alimenti scadenti o di mancato approvvigionamento.
Una volta raschiata la patina di astrattismo dal documento, si apprende che la Carta di Milano impone ai paesi firmatari, seppur in modo non vincolante, di inserire la lotta alle diseguaglianze di natura alimentare o idrica all’interno della propria agenda e di impiegare risorse per contrastare non solo le carenze di cibo presenti sul pianeta, ma anche tutti quegli “errori” che portano alla genesi di processi industriali artefatti e poco sicuri, rendendo così il cibo un veicolo di diffusione per svariate patologie.