tè nero

Nessuno aveva mai immaginato, fino ad oggi, che il rischio di fratture potesse dipendere anche dalla frequenza con cui assumiamo tè nero, bevanda recentemente assurta al ruolo di tonico salva-ossa grazie ad uno studio australiano che ne ha mostrato le doti sconosciute.

In base a quanto comunemente appreso fin dalla tenera età scolare, il corretto funzionamento dell’apparato osseo richiede la presenza di una cospicua quantità di vitamina d, che viene assunta attraverso latte e latticini e poi venire trasformata in calcitriolo mediante un duplice processo di idrossilazione che conferisce alla sostanza la sua forma attiva.
Uno studio condotto dalla Flinders University ha sorprendentemente mostrato come l’abitudine a consumare un quantitativo di tè nero pari a tre tazze al giorno si traduce in una diminuzione del rischio di incappare in un qualunque frattura ossea, con punte statistiche in grado di spingersi fino al 30%.

La ricerca ha preso in esame un campione pari a 1200 donne, in cui il fenomeno legato ad osteoporosi e fragilità ossea risulta più marcato, ed ha successivamente osservato l’interazione prodotta da determinate sostanze sulla condizione dell’apprato scheletrico delle volontarie, riscontrando appunto una maggiore resistenza ai traumi accidentali laddove il consumo di tè si faceva più costante e intensivo.

La maggior parte delle fratture riportate durante i dieci anni dello studio (circa 288 in totale) ha infatti interessato con maggior frequenza quella porzione del campione poco avvezzo a consumare tè, mostrando dunque i benefici di una bevanda meritevole di entrare, al pari del latte, nel novero delle competenze inossidabili in materia di salute delle ossa.